L’adozione di Tigrotto

Ciao a-mici!

Vogliamo comunicarvi una bella notizia.

Vi ricordate del nostro Tigrotto? E’ da un po’ che non ne parliamo nei nostri post perché è stato finalmente ADOTTATO!

Una nostra volontaria, Ada, che è stata molto a contatto con lui, si è innamorata di questo esserino che aveva già scelto lei. Tigrotto si è fatto voler bene ed è entrato nel cuore di Ada.

Abbiamo quindi pensato di scavare nell’animo di Ada e capire il perchè di questa scelta.

Sapendo che questo micio, oltre alla bellezza, che possiamo vedere nelle foto, è purtroppo affetto da diverse patologie, cosa ti ha fatto decidere per lui?

Tigrotto è stato il primo gatto conosciuto qui in rifugio, e quello con il quale ho sempre avuto un particolare legame. Se avessi dovuto scegliere un micio da adottare, sicuramente la mia scelta sarebbe ricaduta su di lui. Per diversi motivi avevo sempre esitato a prendere un altro gatto. La sua malattia, il diabete, è stata in realtà una spinta a fare il grande passo. Il diabete è una patologia complessa nella sua gestione, ma soprattutto necessita di particolari attenzioni, quali il controllo dell’alimentazione, sia in termini di quanto mangia sia in termini di cosa mangia. Come si potrebbe mai gestire un animale con queste esigenze in un rifugio dove vivono altri 15 gatti? E’ inoltre una malattia che richiede anche un importante impegno economico, che avrebbe gravato costantemente sull’associazione di cui faccio parte.

Inoltre credo fermamente, adesso ancora di più, che i gatti con patologie, quelli che hanno bisogno di un’attenzione maggiore, quelli con disabilità, quelli con caratteri problematici, siano i primi che dovrebbero essere presi in considerazione per un’adozione, proprio perché necessitano di un aiuto dedicato che un contesto di collettività come un rifugio o un gattile riesce a dargli con non poche difficoltà.

Hai mai avuto un momento con Tigrotto che ti ha fatto capire quanto sia speciale nonostante le sue patologie?

Il giorno che ho scelto di adottarlo ero andata a prenderlo in rifugio per accompagnarlo a fare un’ecografia. Avevamo da poco scoperto il diabete, e stavamo facendo tutti gli accertamenti del caso per assicurarci che il diabete non fosse causato da altre patologie concomitanti. Era da qualche giorno uscito dalla sua prima chetoacidosi diabetica, una complicanza del diabete piuttosto grave, per cui era sottopeso e con pochissime forze. Mentre eravamo in auto per andare in clinica, dal trasportino ha allungato la sua lunghissima zampa e l’ha appoggiata sulla mia mano, che, come di consueto, era poggiata sul cambio. In quel momento ho deciso che sarebbe venuto a casa con me, e solo qualche ora dopo ne ho parlato in associazione.

Qual è stata la reazione più sorprendente o divertente degli altri gatti in casa quando hanno incontrato Tigrotto per la prima volta? C’è una storia particolarmente toccante o divertente legata a Tigrotto che vorresti condividere con gli altri?

Premetto che Tigrotto si è integrato da solo, nel senso che dopo i primi giorni di ambientamento, in cui ha avuto modo di conoscere l’ambiente e le altre gatte tramite lo scambio di odori, dal primo giorno in cui ho aperto la porta per presentargli le gatte, è entrato nella loro stanza e ci è rimasto. Molto spesso si pensa che i gatti adulti, soprattutto se malati, facciano difficoltà ad inserirsi in contesti in cui sono presenti altri gatti, ma invece con lui è stato tutto molto semplice e naturale.

E’ entrato nell’area della casa dove risiedevano le gatte, e non ne è voluto più uscire. I primi giorni le altre due gatte soffiavano, ma lui quasi come se non le vedesse, continuava ad andare incontro a loro e a cercare il contatto fisico. Questo è stato molto comico per me, perché lui le ignorava e imponeva la sua presenza. Ho una gatta in particolare molto diffidente, che non ama e non accetta il contatto fisico con i suoi simili, che i primi giorni dell’inserimento si è beccata almeno un paio di bacetti da Tigrotto, senza possibilità di replicare.

Inoltre in casa mia Tigrotto ha anche avuto modo di ricongiungersi con una sua amica della casa rifugio, la bellissima Chiara, che dopo i primi giorni di soffi l’ha finalmente riconosciuto e ritrovato.

In che modo l’adozione di Tigrotto ha influenzato la tua percezione della vita e della malattia? Ci sono lezioni che hai imparato da questa esperienza che vorresti condividere?

Ammetto che i primi giorni ero spaventata dalla sua malattia. Avevo fatto un po’ di pratica, prima dell’adozione, con le iniezioni e tutte le altre terapie che doveva fare, ma comunque inizialmente non è stato facile. Avevo impostato la sveglia due volte al giorno all’orario dell’insulina, per paura di dimenticarmene, e avevo scritto su un foglio gli orari di tutte le altre terapie. Ricordo che avevo molto timore di fargli l’iniezione, l’ago è molto piccolo e non sai mai se hai veramente iniettato il farmaco e poi spesso faceva degli scatti quando facevo la puntura, e soffrivo molto al pensiero di causargli fastidio. Una sera lui si è messo in posizione per fare la siringa e mi ha guardato in un modo che è difficile da descrivere solo con le parole, era incoraggiante, quasi come se lui volesse rassicurare me del fatto che piano piano avrei imparato.  Quella sera gli feci l’iniezione e dopo quell’episodio fu tutto piano piano più facile. Come in tutte le cose serve tempo per abituarsi, oggi non metto più la sveglia per fargli l’insulina, anzi i miei impegni della giornata ruotano automaticamente attorno a questo rituale. La sua malattia non si è ancora stabilizzata, purtroppo, ma non vivo più con angoscia questa cosa. Non mi pesa fare due iniezioni al giorno, e non mi pesa misurargli la glicemia, o somministrargli altre terapie. La mia routine è cambiata, così come è cambiata quella delle altre due gatte, che non hanno più cibo a disposizione per casa tutto il giorno ma momenti dedicati al pasto, eppure nulla mi sembra più normale. Inoltre in questo periodo di adattamento ho sempre beneficiato del supporto di Silvia, disponibile a tutte le ore, che con il suo ottimismo e pragmatismo ha sempre lenito la mia ansia.

Prendersi cura di un animale malato, seppur a volte impegnativo e non privo di sofferenze, ti avvicina a lui in un modo molto profondo e particolare e ti restituisce tantissimo a livello personale ed emotivo. Gli animali in difficoltà, quelli con malattie croniche, quelli con disabilità, o semplicemente quelli normali che hanno avuto la sfortuna di toppare il test Fiv/Felv, tipicamente non sono voluti da nessuno, e sono destinati a crescere in gattili, rifugi o in stallo nel bagno di qualche volontario. Ma in realtà sono quelli che avrebbero maggiore bisogno di cura e amore, e quando li ricevono sanno essere grati in un modo indescrivibile, che ti cambia la vita.

Iscriviti alla nostra newsletter
E ricevi notifiche riguardo ai nostri articoli e alle nostre iniziative!
icon

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *